giovedì 15 aprile 2010

Perché il celibato? Gesù un giorno disse ai suoi discepoli: “è inevitabile che succedono scandali; però guai a colui che li provoca. È meglio per lui che gli sia appesa al collo una grossa pietra e sia gettato in mare, piuttosto che scandalizzare uno di questi piccoli”. I bambini sono il modello a cui gli adulti devono ispirarsi, sono la purezza, l’ingenuità, la schiettezza, non a caso bisogna farsi bambini per entrare nel Regno dei Cieli, Gesù è durissimo con chi viola l’innocenza dei bambini. Nei Vangeli non c’è traccia di “condanna capitale” della sessualità se non nel passo che ho appena citato (Luca 17, 1-2) sulla pedofilia. Fu San Paolo ad introdurre nella nuova religione nascente il tratto sessuofobico, fino a giungere a concepire il matrimonio come rimedio alla concupiscenza, ossia al desiderio bramoso di piaceri sessuali. Scrive infatti l’apostolo nella Lettera ai Corinzi (7, 1-2) “… è buona cosa per l’uomo non toccare la donna, ma ,a motivo dei casi di immoralità, (tuttavia per evitare la fornicazione) ciascuno abbia la propria moglie ed ogni donna il proprio marito”. Ancora “ai non sposati e alle vedove dico: è cosa buona per loro rimanere come son io; ma se non sanno dominarsi, si sposino: è meglio sposarsi che bruciare”, ossia è bene che i cristiani rimangano celibi, ma se poi non si sentono di vivere continenti, si sposino. È meglio sposarsi che bruciare dalla passione. (7, 8-9) Nell’alto e nel basso Medioevo non c’erano particolari restrizioni in ordine alla castità del clero né in versione eterosessuale né in versione omosessuale. Il Doctor Magnificus Anselmo d’Aosta, poi santificato, aveva relazioni amorose,prima , con Lanfranco, poi, con una serie dei suoi allievi fra i quali Gilberto, al quale dedica una lettera: “Amato amante, dovunque tu vada il mio amore ti segue, dovunque io resti il mio desiderio ti abbraccia. Senza che tu dica una parola, sai che io ti amo. E nulla potrebbe placare la mia anima finchè tu non torni, mia altra metà separata.” Fu nel 500, con il concilio di Trento, che si introdusse nella Chiesa Cattolica Romana la disciplina del celibato, per consentire così ai consacrati una maggior dedizione alle cure pastorali. Ecco, la sessualità è una pulsione naturale e il celibato, comunque venga giustificato dalle elucubrazioni teologiche, non è conforme a natura, e laddove non si segue la natura fioriscono inevitabilmente perversioni e comportamenti contro natura, come molestare sessualmente un bambino. Il clero ortodosso, fatta eccezione per i vescovi e i monaci, non prevede il celibato, e se interpretiamo i testi teologici ortodossi abbiamo la sensazione di trovarci di fronte ad una Chiesa dell’amore, diversa dalla Chiesa latina apparentata col potere. Per questo il più grande teologo ortodosso, nonché filosofo greco, del Novecento Cristos Yannaras dice: “ se ti sei innamorato una volta, sai ormai distinguere la vita dalla sopravvivenza, perché, quando l’amato è accanto a te la vita ti inonda con la forza dell’eros, che è la pregustazione del Regno, il solo reale superamento della morte (amore, a-mors). Perché solo se esci dal tuo io, sia pure per gli occhi belli di una zingara, sai cosa domandi a Dio e perché corri dietro a lui”. Così, al gregge cristiano importa più il celibato del suo pastore o la sua capacità di amare? Mi pare questo il punto su cui riflettere per risolvere la questione.

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